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Per chi scrive storie, l’immaginazione (o l’autobiografia per una delle autrici di questo volume), carta penna e calamaio sono come gli elementi primitivi da cui il Demiurgo di Platone creava il mondo e l’universo. Un mito che non voleva essere una spiegazione scientifica del mondo, bensì un approssimarsi alla verità attraverso l’uso della metafora che tutto comprende.

Ma qui non si tratta tanto di Platone, quanto di qualcosa che gli assomiglia un po’. Innanzitutto che significa Arripizzari in dialetto siciliano: vuol dire rammendare, ricucire, rattoppare. In questo senso le 14 donne del libro creano quattordici diversissime storie. “Ai tempi in cui Berta filava” ! ci verrebbe da dire sottolineando una metafora antropologica della fiaba italiana. Ed è lì che la trama si fa strada e si creano le coordinate per costruire altre trame con un sottile ricorrere alla ricorsività.

Ma a parte l’aspetto formale di trame che evolvono lentamente come le cucitrici rattoppano i vestiti, tutto ciò si riflette anche nel contenuto dove le autrici rammendano relazioni, tentano di ricucire il conscio con l’inconscio, l’onirico col reale, la distopia e il malessere dovuto al nostro malo modo di vivere l’ambiente e ciò che ci circonda. Riparare è un’arte, difficile farlo con i nostri vissuti, difficile farlo con la fantasia. Ma una mia amica mi disse una volta “Io sto sempre male. Sto bene solo quando scrivo e quando finisco ricomincio a rammendare”

La recensione è di M.S. per Blue Room.

ARRIPIZZARI Tessitrici di storie

a cura di Alma Daddario

Ed. Le Commari 

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